di Giovanna Guzzetti*
Non brilliamo, noi Italiani, per alfabetizzazione finanziaria e siamo in buona compagnia di paesi mediterranei, come Spagna e Portogallo. Ma quel che colpisce (anche) in questo ambito sono i forti divari di genere: donne vs uomini; giovani vs anziani; lavoratori dipendenti vs autonomi; occupati vs non occupati.
E’ la logica delle cose, si può obiettare, una sorta di maggioritario delle opportunità. Uno status quo, però, che va cambiato incisivamente, ribaltato e questo non solo per recuperare qualche posizione nei – sia pur importanti – ranking internazionali ma per il bene (leggi crescita/sviluppo) della collettività.
Eppure, in una classifica, quella dei Paesi con maggiore propensione al risparmio, noi Italiani siamo sul podio. Come a dire, mettiamo i soldi da parte, ci costruiamo una ricchezza inconsapevolmente? Un mistero o un paradosso…
La fotografia dello stato della alfabetizzazione finanziaria emerge a contorni nitidi e ben dettagliati nel capitolo che le dedica l’edizione 2017 della Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli Italiani (Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo). Ma alcuni punti sono particolarmente degni di nota per i loro richiami agli obiettivi del progetto Finkit di CeRP, ad esempio lo stato di “relativa debolezza” di donne e anziani – dei nostri tempi – in materia di Financial Literacy (FL).
Le donne, interrogate, forniscono risposte esatte in percentuale minore; ricorrono più spesso ai “non so”, dimostrando una maggiore insicurezza. Coerentemente con questo profilo le donne, che pur riconoscono il valore del risparmio, sono generalmente underconfident e, proprio perché a corto di financial literacy, non decision maker in termini di investimento. Sono meno “autonome” nel rapporto con il denaro e i servizi finanziari. Fanno scarso ricorso a phone, mobile, internet banking mentre sono le più affezionate frequentatrici di uffici e filiali bancarie.
Il crescere dell’età non migliora certo la situazione femminile alle prese con una riduzione del reddito sia in caso di pensione propria o quando, vedove, ricevono l’assegno di reversibilità; si trovano, magari, a gestire un gruzzoletto prive dell’adeguata preparazione, senza considerare l’utilizzo “ottimale” del bene casa, così da poter affrontare una vecchiaia (più) serena. Rendendo la propria abitazione liquida, senza doverla abbandonare e sottoporsi, così, a stress da trasloco e/o affettivi.
Su queste fasce più vulnerabili – donne e anziani – l’intervento che si può effettuare oggi, a questo punto della vita, non può che essere parziale e “tampone”. Ma molto (di più) può e deve essere fatto per gli anziani di domani. Con programmi e iniziative di educazione finanziaria strutturati e non occasionali fin dalla più giovane età, per creare una nuova generazione di cittadini preparati sullo specifico argomento ma, soprattutto, dotati di strumenti conoscitivi e critici, conseguendo così il duplice obiettivo del progresso individuale e sociale.
*Giornalista e collaboratrice di CeRP nel progetto Finkit